La libertà non è uno spazio libero, la libertà è PARTECIPAZIONE. Giorgio Gaber

venerdì 27 febbraio 2015

Bilanci comuni Appennino emiliano Dell’Orco (M5S) Ripristinare fondi tagliati con legge stabilità Presentata mozione M5S alla Camera

“Siamo con i sindaci e abbiamogià presentato una mozione alla Camera per impegnare il Governo a ripristinare i fondi tagliati perché con l’ultima legge di stabilità per il 2015 del Governo Renzi, si è giunti ad un livello di insostenibilità tale da pregiudicare seriamente le ormai già esigue spese dei bilanci comunali ridotte già negli ultimi 5 anni del 20 per cento”. Lo dichiara Michele Dell’Orco deputato M5S rispondendo all’allarme lanciato dai sindaci dei Comuni della ex ComunitàMontana Appennino Modena Est, di Zocca, Guiglia, Marano e Montese che, a causa del taglio di 820 mila euro di trasferimenti, lamentano l’impossibiltà di chiudere i bilanci senza incidere pesantemente su servizi essenziali.
Aggiunge il deputato: “E’ chiaramente molto facile e demagogico vantarsi di ridurre la pressione fiscale tagliando i trasferimenti agli enti territoriali come sta facendo Renzi. Il governo poi si compiace del fatto che forse avremo una promozione sui nostri conti dall’Europa ma, a cosa serve, se il rischio è quello di far saltare gli assetti sociali?”
“Un ulteriore elemento di difficoltà per i Comuni – afferma il pentastellato- è l’incertezza nella quale vengono costretti a lavorare, dal momento che ogni anno viene cambiata la fiscalità locale e le informazioni definitive sulle risorse di cui i comuni potranno disporre, per questo –conclude Dell’Orco- nella nostra mozione impegniamo anche il Governo a garantire agli enti locali i tempi necessari per una programmazione seria, assumendo in tempi brevi iniziative per definire norme certe sull’ammontare delle risorse di cui potranno disporre nell’anno seguente”.
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Michele Dell’Orco
Cittadino Deputato
Movimento 5 Stelle

domenica 22 febbraio 2015

Emilia Romagna, polveri sottili 300% oltre il limite

Settimana shock per il bacino padano

La settimana appena trascorsa sarà ricordata come la più nera della storia recente dell'Emilia Romagna, almeno sotto il profilo della qualità ambientale.
Mai era accaduto che gli sforamenti di Pm10 raggiungessero questi livelli, portando la media regionale fuori limite 5 giorni su 7.
La palma di peggiore aria della regione se l'è aggiudicata questa volta la città di Modena, che giovedì ha registrato un picco di 155 microgrammi alla centralina di Carpi Remesina, considerato un punto di registrazione suburbano di fondo.
Il limite massimo di 50 ppm è stato quindi superato di ben 3 volte, 310% in più del consentito.


                              




Non che le altre città siano state meglio.
Parma ha toccato sabato i 142 ppm (284% oltre il limite), Reggio Emilia si è fermato a 138 (276% di troppo), Piacenza 121 microgrammi venerdì (242%).
La regione muore d'aria avvelenata.
Se il limite massimo consentito dalla legge è 50 microgrammi di polveri sottili per metro cubo di aria, in regione abbiamo avuto la media settimanale di 79 ppm, con il picco di 107 microgrammi registrati venerdì.
A Parma in appena un mese e mezzo abbiamo superato i limiti emissivi per ben 31 volte (al massimo in un anno si possono superare 35 volte) bruciandoci quasi l'intero bonus annuale.
In Emilia Romagna il limite di 50 ppm è stato superato in 45 giorni 189 volte, la soglia di attenzione per 256 volte.
La media regionale 2015 è ora attestata a 79 microgrammi.
I dati sono lampanti, come lampante è la conseguenza sanitaria di respirare questa miscela che assomiglia sempre di meno ad aria respirabile.
Le polveri sottili contengono metalli pesanti sospesi ad altezza bambino e derivanti sai processi di combustione come le auto, le industrie, le caldaie.
A essere colpiti l’apparato respiratorio (depositandosi sui bronchi), l’apparato digerente (fegato, stomaco ed intestino sono chiamati ad un lavoro extra), l’apparato cardiocircolatorio (nel sangue e nella circolazione vi è un sovraccarico del cuore che deve pompare in più un carico di metallo), inoltre viene danneggiato il sistema nervoso (l'intossicazione da metallo pesante provoca irritabilità, depressione, insonnia, mal di testa).
Sono i bambini la categoria più esposta e l’intossicazione da piombo è talmente grave che può rallentare il processo di apprendimento cerebrale e causare danni alla vista.
Ogni anno, secondo uno studio dell'Oms, nel mondo ci sono 2 milioni di decessi causati dalle polveri sottili.
La Pianura Padana risulta essere uno dei 4 territori più inquinati dell'intero pianeta.
Ogni 5 microgrammi di Pm10 in più, si incrementa il rischio di tumore al polmone del 22%.

lunedì 16 febbraio 2015

Passaparola: Rischio amianto in 100mila km di tubazioni dell’acqua potabile, di Vito Titore

I danni d’amianto sono danni di natura sistemica primo perché gli apparati degli organi di bersaglio sono numerosissimi anche la frequenza varia in relazione alla via di ingestione, ma soprattutto da numerosi decenni la Comunità scientifica mette in luce anche un impatto sistemico, un impatto negativo dell’amianto sul sistema immunitario. Vito Totire, Presidente Associazione Esposti Amianto e Rischi per la Salute
"C’è un rischio in Italia, in Europa e su tutto in pianeta che viene fortemente sottovalutato ed è il rischio di inquinamento da amianto proveniente dalle tubazioni per la distribuzione dell’acqua potabile. In Italia, l’entità del problema dovrebbe corrispondere a circa 100 mila chilometri di tubazioni, secondo una stima del 2013 dell’Arpa Lazio, uno dei problemi fondamentali è che si è spesso discusso del nesso tra rischio di dispersione e rischio di tumori per l’apparato gastroenterico.
La situazione in Emilia Romagna
Inquadriamo meglio il problema: per esempio nell’area di Bologna e hinterland vi è la presenza di 1650 chilometri di tubazioni in cemento-amianto. Questa presenza comporta un rischio di ingestione e di inalazione. Un rischio duplice legato a fenomeni di usura di queste tubazioni dovute dalle escursioni termiche dai fenomeni sismici, non a caso è molto facile ipotizzare e affermare che la situazione peggiore in Emilia Romagna negli ultimi tempi è stata quella monitorata a Carpi: 160 mila fibre di amianto per litro d’acqua, ma queste 160 mila fibre sono state monitorate con un metodo di analisi che sottostima fortemente la presenza dell’amianto. L’unica volta che in Emilia Romagna è stato utilizzato il metodo conosciuto negli Stati Uniti, quindi con un microscopio elettronico a trasmissione. Il monitoraggio fatto nelle acque potabili di Ravenna nel 1995 ha misurato fino a 2,5 milioni di fibre per litro d’acqua. Tutti gli altri campionamenti, da Piacenza a Rimini, come il 99% dei campionamenti fatti in Italia sono stati fatti in microscopia elettronica a scansione, alcuni addirittura in microscopia ottica. La scala sostanziale di trasformazione del dato dall’ottico alla scansione è di 30/100/100 mila alla trasmissione. Quindi i dati di Carpi, riletti sulla base del metodo statunitense che prevede l’utilizzo della microscopia elettronica a trasmissione e anche un’azione di scuotimento forte del campione prima dell’analisi. Lascio quindi immaginare cosa arriveremmo a misurare a Carpi con la microscopia elettronica a trasmissione metodo di riferimento di molti gestori e ahimè anche pubblici. Questo è assolutamente falso perché si confrontano metodi analitici assolutamente diversi l’uno dall’altro. C’è un’evidenza in tutta Italia che riguarda i lavoratori del cemento-amianto. Qui abbiamo numerosi casi, alcuni censiti, altri sfuggiti al censimento di mesoteliomi in lavoratori che hanno segato le tubazioni e quindi con un’esposizione abbastanza alta. Per quanto riguarda l’impatto sulla popolazione dobbiamo focalizzare il problema su quel 50% circa di donne ammalate di mesotelioma in Emilia Romagna e in Toscana. Dato emerso da quasi tutti i registri regionali per il quale gli osservatori concludono dicendo che l’esposizione è sconosciuta. Non è sconosciuta, è difficile ricostruirla, ma non è un caso.
L'impatto sulla popolazione: le neoplasie
Altri ricercatori hanno già focalizzato questo problema che il numero di mesoteliomi nei quali non si riesce a ricostruire le esposizioni riguardano le donne, perché trascorrono più tempo in casa e sono più esposte all’inquinamento sia per ingestione, sia per l'inquinamento indoor. La Comunità scientifica è assolutamente convinta che ci sia un impatto cancerogeno negativo anche sull’apparato gastro-enterico, c’è qualcuno che ancora, secondo me, poco autonomo continua a sollevare dubbi, ma ripetiamo: l’inquinamento non è soltanto per via ingestiva, ma anche per via inalatoria. Qui devo sottolineare che a Bologna, ma anche in quasi tutta Italia, l’amianto prevalentemente utilizzato è l'amianto bianco crisotilo, cancerogeno come pure cancerogeni sono gli Anfiboli, però è stata dimostrata purtroppo la presenza anche di anfiboli, vale a dire amosite e crocidolite che sono cancerogeni come il crisotilo, però più aggressivi. La conclusione è molto chiara, noi abbiamo sempre rintuzzato l’ipotesi che si abbia a che fare con il principio di precauzione, no, noi diciamo che qui siamo andati mille miglia oltre il principio di precauzione, siamo all’evidenza assoluta dell’impatto cancerogeno dell’amianto nelle tubazioni sulla popolazione, perché i soggetti esposti assorbono questo amianto sia per via inalatoria che per via gastro-enterica. Si pone il problema dell’assoluta urgenza di unabonifica radicale, detto anche dalle commissioni tecniche incaricate dal Congresso degli Stati Uniti, erroneamente si attribuisce agli Stati Uniti un atteggiamento di tolleranza che non esiste, perché il Congresso degli Stati Uniti ha deciso che le tubazioni vanno bonificate e città statunitensi come Cleveland hanno già avviato del 1984 un progetto locale di bonifica integrale.
Bonifica radicale
L’esigenza che noi abbiamo è di un intervento di bonifica radicale urgente, ma diremo la stessa cosa per qualunque altro cancerogeno al fine dell’esclusione totale delle sostanze cancerogene dal ciclo produttivo al ciclo alimentare, sostanze che danneggiano il Dna. Queste sono sostanze per le quali non si può assolutamente ipotizzare l’esistenza di una soglia di sicurezza, poi qualcuno può ipotizzare che le vittime saranno poche, ma questa osservazione non merita nessun commento perché il diritto alla salute non è un diritto della maggioranza, il diritto alla salute è un diritto di tutti! Anzi in particolare dei più vulnerabili, il Ministro della Salute in Italia di cosa si sta occupando? Passate parola!" Vito Totire, Presidente Associazione Esposti Amianto e Rischi per la Salute

CONVOCAZIONE 1^ COMMISSIONE CONSIGLIARE


domenica 15 febbraio 2015

di Fatto Quotidiano 14 febbraio 2015


Il leader del Movimento 5 Stelle sul blog propone la sua soluzione dopo le polemiche sul ddl Boschi che modifica la seconda parte della Costituzione: "Siamo al limite del colpo di Stato bianco". I parlamentari: "Noi ci stiamo, ma gli altri non lo faranno"

Dimissioni delle opposizioni, scioglimento delle Camere e ritorno al voto. Dopo le polemiche sulle riforme costituzionali in discussione alla Camera, Beppe Grillo lancia l’appello: “Io sarei cauto nell’attaccare Sergio Mattarella”, scrive il leader del Movimento 5 stelle, “un presidente debole politicamente, mentre cercherei di creare le precondizioni per uno scioglimento delle Camere attraverso una richiesta congiunta di tutte le opposizioni, eventualmente supportata dalle dimissioni dei parlamentari di minoranza (e vediamo se anche quelli della sinistra Pd ci stanno, almeno in parte)”. Un appello che ha subito accolto il deputato e membro del direttorio Alessandro Di Battista: “Noi siamo pronti alle dimissioni per far cadere il parlamento e andare alla urne, ma siamo certi che le altre opposizioni non lo faranno, sono attaccati alle poltrone”. Intanto martedì 17 febbraio i grillini saranno ricevuti dal presidente della Repubblica.
Non è la prima volta che i 5 Stelle propongono l’addio in massa dei parlamentari. Già dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum, Grillo aveva suggerito ai suoi di lasciare i banchi del Parlamento per tornare al voto. Ma non solo. A luglio 2014, lo stesso comico parlando ai suoi eletti aveva proposto di organizzare “il parlamento in piazza” e di lasciare Palazzo Madama e Montecitorio. In entrami i casi gli appelli sono rimasti simbolici.
Nelle scorse ore la maggioranza ha finito la discussione sugli emendamenti alla riforma costituzionale in un’Aula di Montecitorio semivuota: le opposizioni hanno deciso di non partecipare alle votazioni in segno di protesta. “Sulla questione delle riforme istituzionali”, continua Grillo, “siamo al limite del colpo di Stato bianco, quello che non si fa con carri armati e rastrellamenti, ma con colpi di mano di maggioranza. C’è una sola via d’uscita: sciogliere il Parlamento ed andare subito a nuove elezioni”. L’alternativa alle dimissioni dei parlamentari, secondo Grillo, può essere solo il “giudizio davanti alla Corte Costituzionale“.
Secondo il leader del Movimento 5 Stelle, il Parlamento “illegittimo” dovrebbe essere sciolto al più presto. “Questo”, scrive, “è un parlamento scaturito da una legge elettorale dichiarata incostituzionale, per cui, se per il principio della conservazione degli atti, resta in carica, appare per lo meno forzato che sia questo stesso parlamento a dover rifare la legge elettorale e, addirittura, la riforma della Costituzione”.  Attacca poi i partiti che hanno subito scissioni e cambi di casacca. “Questo è un parlamento che non si sa se è ancora in grado di esprimere una reale maggioranza di governo ed è per lo meno discutibile che, nonostante i ripetuti rovesci, rotture di patti ecc, il presidente del Consiglio non abbia sentito il bisogno di verificare con un voto in entrambi i rami del parlamento, se ha ancora una maggioranza”. Grillo chiude criticando i presidente di Camera e Senato e la loro gestione dell’Aula durante la discussione delle riforme: “Questo è un parlamento i cui due presidenti si stanno comportando con una scorrettezza unica in materia di applicazione dei regolamenti e con una partigianeria neppure dissimulata”.

venerdì 13 febbraio 2015

Banchetto di domenica 15 febbraio

Domenica 15 Febbraio banchetto informativo NO Euro e varie. I consiglieri comunali parlano con i cittadini. in piazza tra la  gelateria e l'edicola. dalle 10 alle 16.


domenica 8 febbraio 2015

Black out, ecco chi ha diritto all’indennizzo auto

Black out, ecco chi ha diritto all’indennizzo automatico in bolletta


mercoledì 4 febbraio 2015

ordine del giorno 2


ordine del giorno


Maltempo, contropiano neve: qualche idea di buon senso in attesa dei fiocchi

Ogni anno succede la stessa cosa; in autunno si presentano dei perfetti piani neve snocciolando inutili dati sul numero di spazzaneve o sulle tonnellate di sale; ci si lamenta un po’ delle risorse sempre più scarse, dimenticando che la neve è un fenomeno molto variabile da anno ad anno; i risparmi non dovrebbero essere spesi bensì accantonati per gli anni in cui la neve arriverà magari fin troppo abbondante; invece quando si risparmia, si risparmia e quando arrivano inverni con nevicate intense, si scaricano sui cittadini nuovi costi. Poi, ad ogni nevicata si paralizza la città. 
Vediamo di individuare subito il nocciolo del problema: la città si paralizza perché ci sono troppe auto su strade che, per motivi oggettivi, non le possono sostenere. Del resto succede perfino negli Stati Uniti e anche Cortina, località dove la neve non dovrebbe essere l’eccezione ma la regola, è andata in crisi per una nevicata.
L’attuale modalità di intervento prevede la spalatura della neve dalle strade, a partire dalle arterie principali e da quelle di accesso alle città, come le tangenziali, nel tentativo di far scorrere il traffico; una impresa dimostratasi impossibile, anche in presenza di modeste nevicate; non solo, ma il trascurare la pulizia prioritaria dei marciapiedi (sia pubblici che privati, ricordiamo che i “frontisti” ovvero case, condomini, attività commerciali ecc. poste sul marciapiede hanno l’obbligo di legge di pulirlo), delle ciclabili, delle corsie preferenziali degli autobus, fa sì che molte persone che, in condizioni normali usavano tali mezzi, debbano ricorrere all’automobile creando così maggior traffico.
Invece, passa lo spazzaneve e dove la ammucchia? Sulle ciclabili e sui marciapiedi, naturalmente, tanto, dicono, chi va a piedi e in bici quando nevica? Perché allora non capovolgere l’approccio, imitando così alcuni paesi del nord Europa?
E allora si dovrebbe incominciare con la pulizia dei marciapiedi e delle ciclabili e continuare con le corsie preferenziali dei bus, creandone, se necessario, di nuove sugli assi principali ove si potrebbe, per l’occasione vietare il traffico privato; infine si dovrebbero predisporre i parcheggi scambiatori ai margini della città, anche in concomitanza delle più vicine fermate dei treni, come Baggiovara per chi viene da Sud e Villanova per chi viene dalla zona di Carpi.
Questo contropiano costa molto, dirà qualcuno. Risponderemo con una proposta che può sembrare una provocazione; ci sono migliaia di persone, anche giovani ed aitanti, che vivono a spese della comunità, a volte per loro scelta o fortuna (baby pensionati o pensionati di categorie che mai hanno versato contributi, titolari di vitalizio politico, pensionati d’oro, ecc), a volte a causa di avversi eventi, come i cassaintegrati e coloro che percepiscono la disoccupazione; non è che, per caso, si può chiedere a loro di impegnarsi qualche giorno all’anno, quando la comunità che li sostiene, ne ha bisogno? 
Altra  questione riguarda la chiusura delle scuole, oggetto ogni volta di polemiche; ma ci vuole proprio tanto a stabilire un meccanismo di gradualità in relazione alla intensità della nevicata? in questo modo si potrebbero chiudere prima le scuole superiori e poi gradualmente le altre fino ai nidi. E’ cosa nota a tutti che i ragazzi delle superiori ed anche delle medie possono stare a casa da soli, mentre i più piccoli necessitano della assistenza di un adulto, cosa che complica notevolmente la situazione, provocando improvvise assenze dal lavoro dei genitori o complicati spostamenti alla ricerca di nonni od altri adulti disponibili.
Infine, ai genitori iperprotettivi che  dicono “oh, poverino, si bagna, prende freddo e rischia di cadere”, invitiamo a guardare e riflettere su questo video in cui bambini vanno a scuola attraversando il Panaro su una carrucola.
In conclusione, non contiamo troppo sul global warming; esiste ed è una realtà nonché un grosso problema planetario, ma paradossalmente i cambiamenti climatici, vedi l’ondata di gelo per il“polar vortex” negli Stati Uniti, portano ad avere meno nevicate, ma quelle che arrivano possono essere ancor più intense.
Come si può evincere, per risolvere i problemi non servono sempre tanti soldi, come qualcuno vuole far credere, ma basta solo qualche idea di buon senso.

domenica 1 febbraio 2015

Di Lorenzo Sani


Lorenzo Sani


Ho avuto occasione di incontrare il candidato di Renzi al Quirinale, Sergio Mattarella, quando questi era ministro della Difesa del governo Amato. Chiedo scusa per la lunghezza del post, ma lo devo a tanti ragazzi che non potranno mai leggerlo. Lavoravo da qualche mese sulla vicenda dell'Uranio Impoverito e sull'impressionante numero di leucemie linfoblastiche acute e linfomi tra i nostri militari che erano o erano stati in missione nei Balcani, soprattutto in Bosnia, ma non solo.
Sergio Mattarella negò a più riprese il possibile nesso tra l'insorgere delle patologie e il servizio. Negò che la Nato avesse mai utilizzato proiettili all'uranio impoverito (DU, Depleted Uranium), tantomeno che questo fosse contenuto nei Tomahawk (missili) sparati in zona di guerra dalle navi Usa in Adriatico. Insomma, Mattarella, candidato di Renzi al Quirinale, negò su tutta la linea.
Negò pure ciò che era possibile reperire nei primi giorni di internet sugli stessi siti della Difesa Usa, che magnificava l'efficacia degli armamenti al DU e dettava, contestualmente, le precauzioni sanitarie da adottare in caso di bonifica: protocolli di sicurezza molto rigidi, che prevedevano l'utilizzo di tute, guanti e maschere protettive, per svolgere il lavoro che invece a mani nude e senza protezioni facevano i nostri soldiati. I quali, nel frattempo, continuavano ad ammalarsi e morire. Ero a Nuxis, in Sardegna, al funerale di caporal maggiore della Brigata Sassari Salvatore Vacca, riconosciuto poi come il primo morto di Uranio Impoverito, che aveva prestato servizio alla caserma Tito Barak di Sarajevo.
Ero il solo giornalista presente, il 9 settembre 1999. Tutta questa triste storia incominciò da quel funerale. Pensai che l'argomento DU dovesse interessare a un ministro della Difesa, dal momento che quei ragazzi in divisa oltre che "nostri" erano soprattutto suoi, ma evidentemente ero troppo ingenuo. Per i principali quotidiani e le televisioni il problema dell'Uranio Impoverito non esisteva e non ne avevano ancora parlato. Alle mie ripetute richieste di intervista Mattarella ha sempre risposto negativamente. Ricevetti anche strane minacce mentre stavo indagando per conto del mio giornale in Sardegna. I militari italiani, nel frattempo, continuavano ad ammalarsi.
Ricordo anche che il comando della Brigata Sassari, dopo la morte di Salvatore Vacca, convocò una conferenza stampa per smentire ciò che io non avevo ancora scritto: fu il cappellano della Brigata, al quale mi ero rivolto per sapere, in un incontro riservato, qualcosa di più su Salvatore e sul possibile nesso tra la malattia e la missione in Bosnia, che spiattellò tutto al comandante e cioè che un giornalista stava indagando sulla morte di un loro soldato, dovuta, forse, a quei proiettili. Smetita preventiva. Non mi è mai più capitato. Iniziai così a scrivere.
Dapprima da solo o quasi, poi qualcun altro incominciò a farlo, ricordo il Manifesto, Liberazione, la Nuova Sardegna, ma ancora poca roba. Per i big della stampa il problema non esisteva e lo scandalo DU non era ancora diventato un caso planetario. Il candidato di Renzi al Quirtinale, Sergio Mattarella, nel nome della trasparenza e della libera informazione, continuava a respingenere le mie richieste di intervista. Provai anche con uno dei suoi sottosegretari, Gianni Rivera, il popolare ex Golden Boy, non ancora eroe di "Ballando con le stelle", che raggiunsi telefonicamente mentre questi stava dispuntando una partita al circolo del tennis. Non malignate: l'orario di lavoro di un giornalista non sempre coincide con quello di una persona normale. Mettiamola così. Rivera non sapeva neppure cosa fosse l'Uranio Impoverito.
Si arriva così al 27 gennaio 2001, giorno in cui decido di tendere un'imboscata al ministro Mattarella, che si trova ad Ascoli col presidente della commissione Difesa della Camera Valdo Spini per il giuramento del primo contingente di donne militari di truppa dell'Esercito italiano, lo stesso in cui qualche anno dopo si distinse l'istruttore Salvatore Parolisi (ma questa è un'altra storia). Avvicinai Mattarella nella ressa dei giornalisti e riuscii a porgli un paio di domande, alle quali, assai piccato, si rifiutò ancora una volta di rispondere.
O meglio, anche in quell'occasione negò qualsiasi nesso tra DU e i linfomi o le leucemie. Fantasie della stampa. Provai a insistere, ma lui mi respinse con toni e modi definitivi «Questa non è un'intervista» mi disse. «Io le interviste le concordo prima, poi voglio per iscritto le domande e infine leggere il testo del giornalista prima che questi lo dia alle stampe».
Tutte le volte che ho letto qualche sua intervista sui maggiori quotidiani, negli anni a venire, è ovvio che poi ho pensato male. Mattarella girò i tacchi se ne andò, così mi beccai anche il rimprovero dei colleghi perché avevo fatto scappare il ministro con domande "fuori tema".
Raccontai questa scena nel mio pezzo che conclusi lasciando al lettore ampia facolta di scelta sul caso dell'Uranio Impoverito, che non era diventato un "caso" solo perché Striscia la Notizia non se ne era ancora occupata (l'Italia è questa). Insomma, scrissi, come volete la verità: liscia, gassata o Mattarella? E' una domanda che ora pongo anche a chi ha avuto la pazienza di leggere tutto il post, del quale mi scuso ancora una volta per la lunghezza. Come deve essere la verità in questo Paese allo sbando: liscia, gassata o Mattarella?
(secondo l'Osservatorio Militare sono 307 i militari italiani morti e oltre 3.700 i malati: è la macabra contabilità della cosiddetta "Sindrome dei Balcani". Il contingente italiano era di stanza nell'area più inquinata dai colpi sparati in Bosnia e Kossovo: 50 siti, per un totale di 17.237 proiettili, secondo fonti ufficiali Nato/Kfor. Non solo: la missione Nato in cui si parlava di armamenti al DU e dei 13 Tomahawk con testata al DU sparati dall'Adriatico, è stata presentata dall'ammiraglio Leighton Smith alla Base di Bagnoli, Napoli. Solo Mattarella non sapeva o diceva di non sapere).